Teatro Goldoni - 31 Marzo 2023
Orario/i: 20
Venerdì 31 marzo, ore 20 – Sabato 1 aprile, ore 20
L’ITALIANA IN ALGERI
dramma giocoso in musica in due atti – Libretto di Angelo Anelli
musica di Gioachino Rossini
direttore Marko Hribernik
regia Emanuele Gamba
scene Massimo Checchetto
costumi Carlos Tieppo
Orchestra e Coro del Teatro Goldoni – Maestro del Coro Maurizio Preziosi
Personaggi e interpreti
Isabella, signora italiana Laura Verrecchia / Aurora Faggioli
Lindoro, giovane italiano, schiavo favorito di Mustafà Bryan López Gonzáles
Mustafà, bey d’Algeri Abramo Rosalen
Taddeo, compagno d’Isabella Paolo Ingrasciotta
Elvira, moglie di Mustafà Yulia Merkudinova / Iolanda Massimo
Haly, capitano dei corsari algerini Alberto Comes
Zulma, schiava confidente di Elvira Diana Turtoi
Nuovo allestimento e coproduzione Teatro Goldoni e SNG Opera Ljubljana
CARTELLA STAMPA L-italiana in Algeri
Sarà una “prima” assoluta per il Teatro Goldoni di Livorno (dove non è mai andata in scena), ma sarà anche una “prima” in tempi moderni per la città di Livorno che dal lontano 1877 non la vede più rappresentata: è L’italiana in Algeri, dramma giocoso per musica in due atti di Gioachino Rossini che venerdì 31 marzo e sabato 1 aprile, alle ore 20 chiuderà la Stagione lirica 2022-23 del Goldoni.
Si tratta di nuovo allestimento e coproduzione realizzato con il Teatro nazionale sloveno Opera Ljubljana dove l’opera ha debuttato con successo lo scorso febbraio con la regia di Emanuele Gamba, direttore artistico della Fondazione Teatro Goldoni: “Come i grandi autori del genere comico, del genere buffo, del genere commedia – afferma – Rossini con questo capolavoro coglie nel segno con l’intelligenza, il divertimento e la grazia di chi, nonostante la giovanissima età in cui la scrisse, appena ventunenne, già conosce ciò che fa vibrare il cuore. Rossini invita tutti a specchiarci nei personaggi e tramite loro ridere di e con tutti noi. E quando si diventa pazzi per un amore che nasce o un amore che muore, tutto vortica e s’intreccia come in un crescendo che pare farci esplodere menti e cuori, un crescendo che prenderà il nome di crescendo rossiniano”.
Una storia d’amore, dunque, anzi: più storie d’amore che si intrecciano e si rincorrono per oltre due ore per un’opera che uno scrittore famoso ed appassionato dell’Italia e di Rossini come Stendhal non tardò a definire come «la perfezione del genere buffo», grazie ad una musica che altro non è che «una follia organizzata». E che si entri con L’Italiana in un mondo musicale un po’ “folle”, lo si percepisce fin dalla sinfonia con cui si apre con i suoi ritmi infuocati, a cui seguono trovate e situazione comiche lontane da ogni sentore di realismo, ma capaci di conquistare fin dal primo ascolto.
L’italiana in Algeri fu scritta in pochissime settimane nella tarda primavera del 1813 per adempiere ad un obbligo contrattuale di Rossini («Nulla favorisce l’ispirazione più della necessità» scrisse), e per l’occasione riadattò un libretto già musicato pochi anni prima incendiandone i versi con la sua fantasia e donando ad ogni scena una dirompente vitalità. Semplice (e fantastica) la storia, che narra la vicenda di un’avvenente signora di Livorno, Isabella, che in viaggio di piacere, viene catturata dai corsari algerini insieme con altre persone e portata ad Algeri al Bey locale che l’accoglie nel suo harem e se ne innamora, al punto di farne la sua preferita; ma proprio lì rincontra il suo primo amore e in un crescendo di astuzie, inganni e giochi di seduzione, riesce nell’intento di riappropriarsi della libertà e degli affetti, in una sfrenata ed immancabile corsa verso il lieto fine.
“Per ogni direttore d’orchestra Rossini è una grande avventura – afferma Marko Hribernik, attuale direttore artistico del Teatro sloveno che sarà alla guida dell’Orchestra e Coro del Teatro Goldoni – Rossini è il maestro del grande dramma giocoso italiano, maestro delle atmosfere drammatiche e umoristiche, di situazioni e incertezze… L’italiana in Algeri non viene rappresentata spesso come Il barbiere di Siviglia o Cenerentola ma nonostante ciò è un’opera d’arte per eccellenza, con una lirica meravigliosa. Mi piace il senso dell’umorismo che troviamo nella musica, le onomatopee e lo spirito generale che potrei descriverlo in una sola parola: positivismo!”.
Il cast è stato selezionato appositamente dalla Fondazione Goldoni, e sarà completamente nuovo rispetto alle recite nella capitale slovena ad eccezione del tenore cubano Bryan López González (che ha già vestito i panni di Lindoro, il giovane italiano, schiavo favorito di Mustafà, nelle recite nel Teatro di Ljubljana): Laura Verrecchia / Aurora Faggioli (Isabella, signora italiana), Abramo Rosalen (Mustafà, bey d’Algeri), Paolo Ingrasciotta (Taddeo, compagno ed innamorato non corrisposto da Isabella), Yulia Merkudinova / Iolanda Massimo (Elvira, moglie di Mustafà), Alberto Comes (Haly, capitano dei corsari algerini), Diana Turtoi (Zulma, schiava confidente di Elvira). Le scene sono di Massimo Checchetto, i costumi di Carlos Tieppo, coreografo Lukas Zuschlag, light designer Michele Rombolini / Milcho Aleksandrov.
LA VICENDA (per gentile concessione del “Rossini Opera Festival”)
Atto Primo
Il Bey di Algeri, Mustafà, annoiato dalla fedeltà docile e remissiva delle donne del suo paese, è pronto a calpestare leggi e costumi per un capriccio: ottenere i favori di una femmina indomita e di ardua conquista. E se è vero quanto ha sentito narrare da Lindoro, un marinaio italiano caduto tre mesi prima in schiavitù, la donna dei suoi sogni non può che essere, appunto, italiana. Non esita perciò a ripudiare la moglie Elvira, che inutilmente e con dolorosa rassegnazione protesta per il suo amore non corrisposto: Mustafà la offre in sposa a Lindoro, i cui pensieri sono tuttavia teneramente occupati da un amore lasciato in patria. Ordina poi ad Haly, capo dei suoi corsari, di procurargli senza meno un bell’esemplare di femmina italiana entro sei giorni (e il palo punirà un eventuale insuccesso). Lindoro, sebbene per nulla entusiasta della proposta di farsi carico del bel volto e del bel cuore di Elvira, nonostante la cospicua dote che li accompagna, sembra davvero costretto a sottomettersi al volere di Mustafà.
La burrasca fa naufragare un vascello sulla spiaggia di Algeri. Haly, con i suoi corsari, fa preda delle merci e cattura i passeggeri imbarcati. Tra di loro c’è la triste ma splendida Isabella, l’innamorata di Lindoro partita da Livorno alla sua ricerca insieme a Taddeo, suo innamorato cavalier servente. Haly scorge immediatamente in lei la felice soluzione del suo problema: la bella italiana corrisponde appieno ai requisiti espressi da Mustafà per la nuova favorita del suo serraglio. Nel conoscere il destino che la attende, Isabella non si perde d’animo, ma si destreggia disinvoltamente tra le allarmanti parole di Haly e gli smarrimenti amorosi di Taddeo. Per dominare gli eventi, non le mancano certo il coraggio né le armi della più squisita seduzione femminile: innanzitutto, convince Taddeo a fingersi suo zio, per proteggerla. Frattanto, Mustafà sta offrendo a Lindoro la possibilità di ritornare in patria con una nave veneziana purché conduca con sé Elvira; lo interrompe Haly, raggiante per la bella notizia che reca al suo padrone. Mustafà, entusiasta, si fa prendere dalla frenesia: ordina di affrettare la partenza della moglie e di accogliere col massimo fasto l’ospite bramata, proponendosi tuttavia di trattarla con l’atteggiamento distaccato di chi sa bene come avvilire l’orgoglio femminile.
Elvira desidera congedarsi dal marito con un ultimo addio, né può consolarla la facile messe di mariti e di amanti italiani che Lindoro, ansioso di partire, le prospetta. Nella più ricca sala del suo palazzo, Mustafà riceve Isabella. Maestra di dissimulazione, con la sua seducente sicurezza essa riesce a colpirlo direttamente al cuore. Ottiene così, innanzitutto, che Taddeo, altrimenti destinato al palo, abbia salva la vita. Poi, quando Elvira e Lindoro si presentano per l’addio a Mustafà, Isabella ritrova insperatamente il suo amato. I due, senza tradirsi, si riconoscono all’istante tra lo sconcerto dei presenti, che ne avvertono il reciproco, inconfessabile stupore. Isabella, appreso il destino dei nuovi arrivati, interviene perentoria sul Bey: che abbandoni pure ogni idea di conquistarla, prima di aver rinunciato ai suoi costumi barbari. Si astenga dunque dal congedare la moglie e ponga lo schiavo Lindoro al suo diretto e immediato servizio. Irretito nelle maglie d’amore, Mustafà non può che cedere ancora, mentre tutti appaiono frastornati dal succedersi in lui di mutamenti tanto repentini.
Atto Secondo
Mentre Elvira, Zulma ed Haly commentano la scaltrezza di cui Isabella ha dato prova nel raggirare a suo piacimento Mustafà, questi compare per chiedere alle due donne di annunciare all’Italiana una sua visita. Incredulo verso chi lo mette in guardia dalle dolci menzogne di Isabella, Mustafà è sicuro di poterla conquistare facendo leva sulla sua ambizione e con l’aiuto del supposto zio. Intanto, Isabella si incontra con Lindoro: accertato il disinteresse di lui per Elvira, gli espone l’idea di una fuga con la stessa nave che avrebbe dovuto condurre l’amato in Italia insieme alla moglie ripudiata del Bey, e rinvia ad un successivo appuntamento in un boschetto la spiegazione dei dettagli. Nel frattempo, per compiacere ad Isabella ed insieme ottenere l’appoggio di Taddeo nell’opera di conquista della presunta nipote, Mustafà concede il titolo di «Gran Kaimakan» a Taddeo, che viene perciò abbigliato come si conviene ad un luogotenente musulmano. L’anima semplice non si trova davvero a suo agio nelle vesti e nel ruolo che Mustafà gli impone; tuttavia, non può che far buon viso a cattivo gioco e rassegnarsi al pensiero di abbandonare nelle braccia di un altro l’amata, da cui si ritiene felicemente corrisposto.
Isabella, nei suoi appartamenti, riceve da Elvira l’annuncio dell’imminente visita di Mustafà; fingendosi sconcertata, istruisce la moglie del Bey sull’arte di trattare gli uomini per assoggettarli al proprio volere. Intanto, mentre attende pieno d’ardore l’incontro con la bella straniera, Mustafà prende accordi con Taddeo-Kaimakan perché, dopo i convenevoli, egli si allontani discretamente al segnale di uno starnuto. Ma ai ripetuti «eccì» di Mustafà, Taddeo finge di non intendere: Isabella e Lindoro ridono assieme della burla, mentre il Bey, costretto a trattare con il dovuto riguardo Elvira, come impone Isabella, inutilmente freme e protesta, sentendosi canzonato. Il compiacimento per il giusto scorno di Mustafà è generale e coinvolge persino il fedelissimo Haly.
Ottenuto l’appoggio dell’ignaro Taddeo, Lindoro mette in opera un’ulteriore burla a spese di Mustafà, comunicandogli che anche Isabella spasima d’amore per lui e per questo desidera elevarlo alla dignità di suo «Pappataci», titolo concesso in Italia solo agli amanti esemplari, cui il bel sesso non viene mai a noia e che perciò altro non fanno se non dormire, mangiare e bere fra carezze ed amori. Intanto Zulma, schiava di Elvira, commenta con Haly le astuzie di Isabella, che per preparare la festa al Bey ha fatto distribuire numerose bottiglie a tutti i Mori della guardia e agli Eunuchi. E Lindoro spiega a Taddeo che Isabella intende favorire la fuga di tutti gli Italiani prigionieri del Bey. Alcuni saranno perciò abbigliati da Pappataci, così da rendere verosimile la cerimonia in onore di Mustafà. Altri sopraggiungono in quel momento, pronti a tutto per riconquistare la libertà, e Isabella infiamma con calde parole lo spirito patriottico di tutti i presenti.
Si dà infine principio alla cerimonia: un coro di Pappataci avanza, e veste Mustafà con gli abiti e la parrucca che convengono al grado eletto della carica appena conferitagli da Isabella. Il rito d’iniziazione prevede un giuramento solenne di totale immobilità e silenzio: il nuovo Pappataci dovrà solo mangiare, bere e tacere, qualunque cosa accada attorno a lui. E Isabella mette subito alla prova il candidato, scambiando parole d’amore con Lindoro mentre il Bey, sotto l’occhio vigile di Taddeo, si abbuffa a capo chino. Ed ecco che arriva il vascello della salvezza: Isabella invita Lindoro a seguirla per salpare insieme, a coronare i sogni d’amore e di patria; Taddeo solo ora capisce di esser stato anch’egli burlato, di non essere lui il beneamato di Isabella. Cerca allora di scuotere Pappataci dal torpore, rivelandogli il tradimento da entrambi subìto. Ma Mustafà ha imparato troppo bene la lezione per non mostrare la più imperturbabile indifferenza alle parole di Taddeo, a cui non rimane che scegliere fra il palo, che senza meno lo attende se rimarrà in Algeri, e la prospettiva di uno spiacevole ruolo di reggimoccolo sulla nave che lo ricondurrà in Italia insieme a Lindoro e Isabella. Saggiamente, il cicisbeo deluso opta per la seconda soluzione. E quando finalmente Elvira, Zulma ed Haly riescono a scuotere Mustafà dall’indolenza, l’ordine d’allarme gridato ad Eunuchi e Mori si rivela inefficace: grazie alla previdenza di Isabella, sono tutti quanti ubriachi. Al povero Bey non resta che farsi perdonare dalla fedele sposa, già pronta ad accoglierlo a braccia aperte.