Ovosodo
Ho scoperrto che stare da sola non è proprio male. Vivo da sola da ormai 14 anni, ma questo non mi ha impedito di dedicarmi alle attività che più mi piacciono. Certo essere pensionata aiuta. In questi mesi di clausura ho ripreso con intensità la mia passione, la creazione di lavori tifany e mosaico.
Vi propongo una istantanea delle ultime e il luogo dove le eseguo
Spero di soddisfare alla richiesta
Con riconoscenza, grazie
Marta Cohen Hemsi
Piazza della Repubblica, durante quella che io chiamo l’ora rosa, quando il sole è già calato, ma ancora c’è il riverbero e i lampioni sono appena acceso, tutta la piazza si colora di rosa.
C’era un gran fermento a Livorno quando nacque questa piazza. Una città che era stata il punto fortificato sul mare più importante del Granducato , grazie a leggi lungimiranti, grazie a una politica di apertura alle persone di qualunque provenienza, credo e storia, era diventato un porto con un volume di commerci enorme. Di Livorno parlavano con ammirazione viaggiatori inglesi, tedeschi, francesi e molti altri. Una città piccola ma che appariva elegante nella sua architettura, con una grande piazza centrale luogo di incontri fra gli abitanti, ma anche fra le tante genti che per il porto arrivavano, la Piazza Grande che fu tanto ammirata dal famoso Inigo Jones, al punto che a questa si ispirò per la sistemazione di Covent Garden.
Una città in cui appare prima che in altre molto più importanti , come Londra , Napoli, Parigi l’illuminazione a gas. Qui arrivò la prima vera ferrovia italiana, non una linea solo per il diletto di una classe aristocratica , ma una linea ferroviaria per il trasporto di merci e persone, che collegava Firenze la capitale del Granducato al suo porto. Ma parliamo di questa piazza , Piazza della Repubblica, dopo il 1946, che si chiamava Il Voltone inorigine, e ancora così la chiamano i livornesi, un nome che denuncia ciò che in realtà è ovvero una volta sopra il Fosso Reale, un ponte. A metà del 1800 si decide di aprire la città ai nuovi sobborghi, che si erano spontaneamente formati fuori dalle fortificazioni e dai canali che le circondavano, ed ecco che nasce l’idea di unire la città vecchia alla nuova con un luogo di aggregazione non con un semplice ponte , dunque si costruisce una grande piazza sí da far abbracciare le due realtà e di consentire un più rapido e efficace scambio a tutti i livelli. Siamo davanti alla più grande piazza “ponte” d’Europa, 19.000 mq di spazio che ancora oggi sono un centro nevralgico della comunicazione. Dalla piazza si scorge il porto a ovest, a est la stazione e la presenza del viale alberato suggerisce la campagna che si stende oltre. Si affaccia sul grande spazio aperto l’edificio della cisterna finale del acquedotto leopoldino, vanto della città ottocentesca in pieno sviluppo, a nord il tiburio della chiesa di Santa Caterina, che rimanda al quartiere storico della Venezia nuova e l’elegante Fortezza Nuova circondata dai Fossi; insomma abbracciamo molto dell’anima della nostra città.Arrivo allo scopo di tutto questo sproloquio: ora la piazza è molto suggestiva ed elegante, silenziosa e deserta in attesa che Livorno si svegli di nuovo , che si torni a sentire il rombo continuo del lavoro in porto, il vociare tipico dei livornesi, la sirena delle grande navi da crociera che salutano all’imbrunire quando ripartono dopo aver riaccolto le migliaia di turisti che da Livorno sono partiti alla scoperta della meravigliosa Toscana, perché questa è l’anima vera della città , la porta aperta e accogliente della Toscana verso il mondo. Siamo in attesa di abbracciare nuovamente il mondo.
Loretta Bertoni
Zeuwi è una ragazza che ha sempre vissuto nel centro della città infatti la sua casa dà sul mercato di frutta e verdura della città. È cresciuta sentendo ogni mattina dalle 8 del mattino fino a poco dopo pranzo (13-14) gli urli di questo mercato:
“SOLO PER OGGI 2 euro UN Kg DI FRAGOLE” “CARCIOFI BELLI FRESCHI A 1 euro”
“MELE E ARANCI A 1.50 euro”
“TUTTA FRUTTA E VERDURA a 3 euro” “ARANCI DELLA SICILIA A 2.50 euro”
Da piccola non comprendeva mai questi urli infatti ogni volta che scendeva con la nonna per fare la spesa faceva sempre la solita domanda:
“Nonna, ma perché qui si urla così?”
La risposta che veniva fuori era :
“Per far comprare da te il cibo buono e sano”
Ogni volta che sentiva questa risposta Zeuwi iniziava a farlo anche lei come i signori che vedeva e Nonna rideva ogni volta. Zeuwi non comprendeva perché rideva ma li piaceva vederla sorridere quindi lo fece sempre quando scendevano insieme.
Ma il tempo passò in fretta e Zeuwi diventò grande e iniziò a fare la spesa da sola dato che Nonna non riusciva a uscire per via della anziana età; Zeuwi anche crescendo non aveva smarrito la sua vena di far ridere sempre sua nonna infatti ogni volta che rientrava li faceva l’imitazione dei fruttivendoli e nonna come sempre rispondeva con un grande sorriso.
Il tempo continuò a trascorrere e venne fuori un virus che rinchiuse tutti per un po’ però poi la situazione migliorò anche se rimasero varie precauzione: utilizzo delle mascherine, distanziamento fra persone… Zeuwi scese con tutte le precauzioni come sempre ma quella mattina non sentì gli urli di sempre. Vedeva persone che prendevano la frutta al banco e se ne andavano subito senza grande chiacchere senza un “come va?” al venditore per poi stare lì a ore a parlare, come aveva sempre visto, quindi presa da un istinto si levò la mascherina e iniziò ad andare dietro a qualche
banco per urlare come avveniva. Iniziò dal banco più centrale per poi fare tutta la piazza:
“2 EURO AL Kg”
“ARANCI E PESCHE A 0.50 EURO”
“3 EURO TUTTO”
Un venditore sentendo prezzi non veri si girò e la vide e la cacciò davanti a tutti. Zeuwi rientrò diede la spesa alla Nonna ma senza imitazione e senza farla ridere; decise di andare in camera e di prendere la decisione di non scendere più e far scendere il suo fratello.
Il virus passò il fratello di Zeuwi fece per scendere ma la nonna lo bloccò e andò da Zeuwi in camera:
“Voglio che scendi te oggi!”
Zeuwi rispose: “Perché ci va Tato come sempre nell’ultimo periodo”
“Io voglio che vai te, non voglio che vada lui”
“Ma perché?”
“Questa non sei te, non so cosa sia successo giù quel giorno che sei rientrata senza farmi ridere e non lo voglio sapere sai te che è successo. Io voglio vedere la Zeuwi che quando rientra dalla spesa fa l’imitazione dei venditori e no una Zeuwi che sta in camera e non esce”
A quelle parole Zeuwi si fece forza e decise di andare a fare la spesa come sempre: “Va bene nonna vado io allora”.
Appena chiuse il portone di casa e si ritrovò nella piazza del mercato era come se quella brutta giornata non fosse avvenuta nessuno la riconobbe. Le urla ripresero più forti di quando era piccola:
“FRUTTA E VERDURA A SOLI 0.50euro” “FRAGOLE E ARANCI A 2 euro” “CAVOLFIORI E ZUCCA A 1.50euro” “BANANE E UVA A 1.20 euro AL Kg”
Risentendo quelle urla sentì che la sua vena di fare l’imitazione sì riacese infatti fece veloce la spesa rientrò. Fece alla perfezione l’imitazione di
quella mattina e la Nonna sorrise più di prima. Zeuwi non si fece scappare una domanda:
“Nonna perché ridi così tanto oggi? Non ti ho mai visto così felice”
La nonna rispose con voce allegra e piena di gioia:
“Perché ora si che sei la Zeuwi che conosco e che mi piace”
A quelle parole Zeuwi prese una piccola rincorsa e l’abbracciò forte dicendoli
“Grazie di tutto”
La Nonna non rispose e stette in quell’abbraccio e coccolò la sua Zeuwi come faceva quando era più piccola. L’abbraccio durò molto a lungo Zeuwi non si staccò da lì ma aggiunse un’altra cosa
“E ti prometto che cercherò sempre di far ridere e di sorridere anch’io”
Ambra Passetti
VIA CAMBINI
Ancora non la vedi Via Cambini che senti un rombo, un fragore come di cascata in lontananza.
Sono le parole, centinaia, migliaia di parole. Già’ perché ogni sera di un giorno qualsiasi in Via Cambini c’è una densità di parole che non credo esista in nessun altro posto. Appena ti affacci, da Via Marradi, le vedi che volano in cielo una sull’altra, si spingono, ridono, come ragazzini all’uscita di scuola. Ci sono le domande sospese, stanno appese ai cornicioni o alle grondaie e guardano giù in cerca di risposte, ma non sanno che a volte le risposte sono negli sguardi, nei sorrisi, nei sottintesi, e quando lo capiscono si lasciano andare per cadere tra le virgole e farsi abbracciare dai non detti. Se guardi bene puoi vedere i dubbi, fermi a riposare seduti sui davanzali che parlano tra loro fitto fitto. Le consonanti e le vocali sparate al cielo dall’eccitazione, che si abbracciano e formano un filo tra i palazzi dove puoi camminare come un equilibrista e guardare sotto, le mani che spingono saluti gridati dentro palloncini colorati da una parte all’altra della strada.
A me piace Via Cambini, mi piace entrare in mezzo alle parole. Ci trovo sempre chi mi chiede – allora ? – una domanda spalancata che se hai voglia puoi stare un’ora a parlare oppure fare solo un cenno. Chi mi dice – sei senza scarpe ! – O sciarpa, o giacca o qualsiasi cosa lo colpisca perché noi a Livorno usiamo la sottrazione per l’esaltazione. Oppure, se sei proprio in tiro – e te la regalano ! – Questo per sottolineare che insomma se ti va bene con qualche ragazza, te la sei proprio meritata. Ce l’hai messa tutta insomma.
Ci sto bene in questo fiume di parole e a volte faccio un gioco. Me la faccio tutta, Via Cambini, da Via Marradi a
Via Roma, saranno settanta metri. Ci passo in mezzo e conto quante persone saluto o mi salutano. Un giorno che ero un po’ triste ho fatto il mio record di saluti e allora per festeggiare mi sono fatto qualche crostino con un bicchiere di vino da Nardi, in enoteca e alla fine un bel Martini da Sketch, con un’oliva. E a un certo punto ho sentito tre ragazzi che si salutavano e uno ha detto – ragazzi ci si vede domani da qualche parte a una cert’ora . – E sono andati via così, ognuno per la sua strada. E me l’immagino il giorno dopo anime perse che vagano senza meta aspettando ognuno che l’altro forse, e dico forse, chiami e chieda – allora ? –
Io non lo so dove vanno tutte queste parole una volta che le hai usate. Non so se si vanno a riposare, ma la domenica mattina, quando mi alzo presto e vado a correre, in Via Cambini ci passo e nel silenzio a me pare di sentirle dietro le saracinesche abbassate, dentro i portoni, che bisbigliano, sorridono piano, si danno le gomitate per non farsi sentire. E una volta mentre tornavo, alzando gli occhi al cielo in modo brusco e guardando dentro una finestra del secondo piano, una parola l’ho sorpresa che cercava di nascondersi dietro la tenda.
Ma ormai l’avevo vista e ho sorriso perché era proprio quella che non trovavo la sera prima.
Valter Manunza